Camembert

Il camembert è un formaggio prodotto in Normandia ed è considerato uno degli emblemi gastronomici della Francia.

Origine

L'origine del Camembert risale alla fine del XVII secolo. Infatti, già dal 1680 si possono trovare documenti con riferimenti ai formaggi caratteristici del paese di Camembert, il villaggio d'origine e da cui prende il nome il formaggio. Nel 1708 Thomas Corneille gli consacrò un articolo nel suo Dictionnaire Universel Géographique et Historique. Tuttavia, è solo nel 1791 che viene messa a punto la tecnica di fabbricazione del camembert grazie all'opera di Marie Harel, una contadina del villaggio di Camembert, ed ai consigli esperti di un prete originario della Brie.

Descrizione

Il Camembert è un formaggio a base di latte di mucca "crudo" (il latte non deve mai essere riscaldato a più di 37 gradi). È un formaggio a pasta molle con crosta fiorita e di colore bianco. Ha forma rotonda, peso di circa 250 g ed è prodotto con circa 2 litri di latte. È venduto obbligatoriamente in scatole di legno.

Degustazione

Il suo periodo di degustazione ottimale va da aprile ad agosto dopo un periodo di stagionatura che va da 6 a 8 settimane, ma è anche eccellente da marzo a novembre.

Fabbricazione

La fabbricazione segue una procedura tradizionale: il formaggio deve essere messo in uno stampo con un mestolo e sono necessari almeno 5 mestoli per fare un camembert. Ogni passaggio del mestolo deve essere separato da 40 minuti per assicurare una massima sgocciolatura. La sua dimensione massima è di 12 cm.

Tipi di camembert

Camembert di Normandia, l'unico che possiede il marchio AOC
Camembert al Calvados
Camembert fermier (fabbricazione artigianale)
Camembert stagionato al sidro

Puzzone di Moena

Formaggio derivato da latte vaccino latte intero. Richiede una stagionatura da cinque mesi ad un anno circa. L'area di produzione comprende le valli di Fiemme e Fassa. Mentre non richiede alcuna spiegazione la dizione italiana, più difficile da comprendere è la designa ladina del formaggio: Spretz Tzaorì sta, semplicemente, per formaggio saporito. Tipico della Val di Fassa, ha pasta morbida, fondente, con occhiatura rara e irregolare, assai odorosa. Il suo sapore è intenso, lievemente e gradevolmente piccante.
Squisito con la polenta e la purea di patate.

Breve storia dei formaggi DOP

Vedremo di dare un immagine di quello che era, per quanto riguarda i formaggi, lo scenario europeo in quei tempi ormai remoti, citando i formaggi Dop di oggi di cui abbiamo notizie storiche.

In Austria si hanno le prime notizie del Gaitaler a partire dal XIV sec. , in Belgio l’Heive deve le sue attuali tecniche di elaborazione alle abbazie medioevali, in Danimarca l’Esrom fu creato dai monaci del monastero omonimo nei secoli XI e XII, in Francia,visto la grande quantità di formaggi tradizionali, il discorso assume un aspetto più articolato.

Sempre parlando di formaggio l’antenato del Blue de Gex risale all’abbazia di Saint-Claude , mentre lo sviluppo di un formaggio di maggiori dimensioni simile all’attuale lo si deve alla venuta in loco nel 1343 di esuli del Delfinato i quali introdussero le loro tecniche di caseificazione.I primi formaggi prodotti nella Haute-Auvergne, il cosiddetto paese verde, risalgono a 2000 anni fa e la razza bovina Salers, quella da cui si ricava il latte per il Cantal arriva dalla notte dei tempi. Plinio il vecchio citava l’eccellenza dei formaggi di Gabalés e Gevaudan, mentre Broyere-Champier nel XVI secolo esaltava il Cantal.

Lo Chabichou du Poitou , formaggio caprino, nacque intorno all’anno 732 quando i saraceni in rotta dopo la disastrosa sconfitta di Poitiers per mano di Carlo Martello si dispersero in quelle lande impervie. Tra i saraceni numerosi erano i pastori aggregati alle armate con le capre al seguito (chebli in arabo). Queste capre si adattarono perfettamente all’ambiente del Poitou dove si iniziò a produrre formaggio Chabi, da cui il nome dell’attuale caprino.

Cambiando formaggio e andando su un vaccino per l’esattezza il Comté possiamo dire che esso vanta una tradizione piu’ che millenaria. Già i romani ne erano ghiotti e imbarcavano forme nel porto di Marsiglia. I primi documenti scritti risalgono però al Medio Evo quando alcuni cronisti descrissero il funzionamento delle “fruitières” vere e proprie cooperative anti litteram. Per una sola forma occorrevano in media 500 l. di latte. Ecco perché già nel XIII secolo gli allevatori si unirono e fecero affluire il loro latte alle “fureterie”, poi diventate “fruitière”.

Il Laguiole ebbe origine nell’abbazia di Aubrac nel 1120 per rifornire i pellegrini che qui sostavano lungo la strada per Santiago de Compostela.

Per il Maroilles nel XII secolo un “Escript de Pasturage” obbligava gli abitanti dei villaggi della regione a convertire il latte di loro produzione in formaggio, il latte il primo ottobre doveva essere consegnato alle varie parrocchie e poi trasportato a Maroilles.

Il Munster fu creato dai monaci del Monasterium Confluentes nel VII secolo nella valle del Fecht sul versante Alsaziano, un Munster Kaes antenato dell’attuale omonimo formaggio.

Del Neufchatel se ne trova menzione scritta a far data del 1035.

Per l’Osseau-Iraty i primi documenti risalgono al XIII secolo.

La Tomme de Pyrenées fu menzionata addirittura nel XII secolo ed esattamente nella regione del Saint-Girans.

Il Saint-Maurie de Torraine è testimoniato a partire dal VIII sec. in epoca Carolingia come si può leggere negli archivi d’Indre et Loire.

In Grecia il Feta e il Kalathaki sono antichi come i greci. Nell’Odissea Omero riferendosi a Polifemo ci descrive alcuni formaggi da lui prodotti: da questi probabilmente deriva il Feta.

Le Cicladi sono la regione greca dove vengono allevate sin dal XV secolo vacche da latte e dove viene prodotto il Graviera Naxos.

Vi sono addirittura formaggi come il Monouri e il Piktogalo dove la loro storia si perde nella notte dei tempi e ha origine pare dai tempi preistorici.

In Italia come in Francia abbiamo parecchie testimonianze, per esempio il Bitto il cui nome deriva dal celtico Bitu (assegnatoli da clan celtici cacciati dai romani e rifugiatosi nelle valle Gerda e Abaredo).

Del Quartirolo Lombardo e della Toma Piemontese abbiamo notizie dal X-XI sec, del Castelmagno dal XII sec., del Montasio dal XIII sec. ( abbazia di Moggio ), del Bra e del Taleggio dal XIV sec., il Pecorino Toscano e la Fontina dal XV sec., dell’Asiago e della Caciotta d’Urbino dal XVI sec.

Per il Caciocavallo Silano l’origine è avvolta nelle nebbie della leggenda così come resta incerta l’etimologia del nome. Appare sensata l’ipotesi che collega il nome caciocavallo all’abitudine di appendere le forme a cavallo di un bastone orizzontale . Dall’Italia questo formaggio si sarebbe diffuso in ambito mediterraneo dando origine al qasqaval turco e ai vari formaggi simili di altri paesi ( Bosnia,Bulgaria,Ungheria,Romania e Russia ).

Del Fiore Sardo abbiamo una allegoria in una statua di bronzo ( 1° millennio A.C. ) ritrovata a Dolianova e conservata al museo di archeologia di Cagliari che raffigura un pastore con un ariete sulle spalle.

Il Fiore Sardo deriva dunque dai formaggi pecorini prodotti in Sardegna fin dall’antichità più remota.

Il Grana Padana ebbe origine nell’anno 1000 per mano dei monaci Cistercensi di Chiaravalle.

La Mozzarella di Bufala risale al XII sec. da notizie del monastero di San Lorenzo in Capua.

Il Murazzano e il Roccaverano trovano origine in quei formaggi astigiani e cebani elogiati da Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia.

Per il Parmigiano Reggiano le fonti più antiche parlano di un Caseus duro; la prima testimonianza letteraria l’abbiamo con Giovanni Boccaccio.

Il Pecorino Siciliano è il più antico dell’isola e le sue origini vengono fatte risalire al ciclope Polifemo.

Leonardo da Vinci cita il Valtellina nel Codice Atlantico nel 1500.

Il Pecorino Romano prodotto oggi non differisce sostanzialmente da quello prodotto 2000 anni fa. Studiosi come Marrone, Galeno, Plinio il vecchio parlano dettagliatamente di questo formaggio nelle loro opere e Columella del suo trattato De Re Rustica scritto nel I secolo d.c. descrive una metodologia di preparazione che potrebbe essere tranquillamente seguita dai moderni caseifici.

Nei Paesi Bassi la fabbricazione del formaggio ha origine nel medio evo con l’Edam che venne esportato in tutto il mondo grazie al porto antico di Zuiderzee.

In Portogallo abbiamo il Queijo de Saò Jorge del XV sec. Il Queijo Serra de Estrela fu citato nel medio evo da Gil Vicente descrivendo i prodotti di questa zona montagnosa. I formaggi portoghesi come li conosciamo noi hanno origine all’inizio del 900, benchè di alcune tipologie vi siano tracce più antiche.

In Gran Bretagna lo Stilton risale al XVIII sec, il Glaucaster al XV sec, mentre del Cheddar prodotto sulle colline Memdip Hills vicino alla Cheddar Gorge abbiamo notizie dal XVI sec, ma la sua storia risale all’epoca in cui i romani introdussero i formaggi a pasta dura fra le popolazioni inglesi.

In Spagna il mitico Cabrales risale al XVIII sec, dell’Idiazabal abbiamo testimonianze archeologiche in varie zone dei paesi Baschi in particolare le grotte di Husas e di Arenzana testimoniano l’attività pastorale di quest’area già nel 2200 a.c.

Del Mahòn proveniente da Minorca e definita dai greci l’isola del cacio, abbiamo testimonianza nell’alto medio evo ( 417 d.c. ) da parte del Vescovo Severo nelle sue encicliche.

Del Picodòn Bejes-Tresviso abbiamo testimonianza datata 15 maggio 962 nel Cartulario di San Toribio di Lièbana.

Del Queso Manchego esistono testimonianze archeologiche ( ritrovamento di utensili ) che è possibile vedere nei principali musei della regione.

Del Queso Zamorano troviamo traccia negli archivi di Zamora già nel periodo medioevale.

Il Queso de Libano merita un discorso a parte. La conservazione del formaggio tramite affumicatura era praticata in Cantabia già in epoca romana e permetteva la conservazione e il trasporto del formaggio sino a Roma. Tale sistema fu utilizzato anche per conservare il formaggio nelle traversate transoceaniche come testimoniato nel 1442 da Riba Herrera, uno dei colonizzatori del Perù.

Nel perdurare dei secoli il formaggio ha avuto un rapporto ambiguo, fu oggetto tanto di fanatismi quanto di repulsioni.

Piero Camporesi nella sua raccolta di saggi “Le officine dei sensi” scrisse: “... Per molti secoli si ritenne che la malignità intrinseca del formaggio, la sua nequizia venisse preavvertita e segnalata dal suo odore, per non pochi nauseabondo e stomachevole, indice sicuro di residuo in decomposizione, materia sfatta e deleteria, sostanza putredinosa nociva alla salute e terribile corruttore degli umori...”. Da tale convinzione si presuppone che il formaggio fosse considerato cibo da contadini e da poveracci, indegno di persone perbene e civili.

Le poche testimonianze antiche e medioevali sulla diffusione del formaggio in Italia indicano che si trattava di un alimento diffuso soprattutto tra i più poveri, che lo utilizzavano come "riserva di cibo". Con il tempo e il diversificarsi delle lavorazioni, variò pure la considerazione in cui veniva tenuto il formaggio: alcuni tipi, come lo "spongius" e il "filosus", più scadenti, continuarono ad essere presenti sulle mense più umili; altri, come le robiole e il "seratium", furono considerati delle vere e proprie ghiottonerie ed apprezzati in modo particolare alla corte sabauda, come testimonia un registro del 1270.

Il suo consumo nelle taverne cominciò ad imporsi nel '700 unitamente al burro che si impadronì della grande cucina aristocratica. Lo prova il fatto, che risalgono a questo periodo, le terminologie più appropriate per le quali i nomi cominciarono a fare riferimento a tipicità produttive e di luogo.

Oggi le cose sono cambiate. Il generale De Gaulle disse: “Come si può governare un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario?”. E qui per quanto risaputo non sarà banale ricordare che in Francia il formaggio è protagonista in ogni tavola.

E che dire dell'Italia che secondo uno studio dell'Insor (Istituto di Sociologia Rurale) ne segnala ben 403 di cui 30 tutelati da una Denominazione Tipica o di Origine e molti altri hanno già fatto richiesta e sono in attesa del riconoscimento europeo.
Il formaggio per la sua costituzione chimica e biochimica e per i molteplici fattori naturali e umani che ne influenzano le caratteristiche risulta essere un alimento estremamente complesso e di spiccata unicità. Pur se la base è costituita da tre soli elementi: acqua, grasso e proteine con aggiunta di sale , le differenze in ogni formaggio sono elevate. Queste differenze sono giustificate dal tipo di foraggio e dipendono molto dalla tecnologia di fabbricazione che fa si’ che i formaggi acquistino caratteristiche proprie, uniche, a volte irripetibili al di fuori dell'ambiente di origine, generando cosi’ una grande varietà di caratteristiche organolettiche, di sfumature, di aromi e di gusti per il piacere di chi li assaggia.

Breve storia del formaggio

Il cibo che oggi consumiamo sulla pasta, come contorno al secondo o semplicemente da solo, rappresenta una scoperta significativa nella storia della nostra civiltà.
Sul formaggio i popoli nomadi fondarono la loro economia, inoltre il formaggio era molto importante nell’Asia Centrale nelle steppe, nella Mesopotamia, nell’Anatolia, e nel Medio oriente, paesi in cui la società era basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Dai 10000 ai 18000 anni fa i pastori hanno inventato il formaggio in Mesopatamia, nella valle compresa fra il Tigri e l'Eufrate, e nell'Indus. Il documento più antico che testimonia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte si può ammirare nel bassorilievo di civiltà Sumera denominato “Fregio della latteria”, che risale al III millennio A.C., dove sono rappresentati i sacerdoti (esperti caseari dell'epoca) nei diversi momenti applicativi della tecnica casearia.

Nel 7000 A.C. in Asia le popolazioni cominciarono ad addomesticare gli animali e le tribu’ che migrarono in Europa portarono i loro usi e il loro bestiame. Con la pastorizia appare logico pensare che le risorse principali dell'uomo fossero quelle derivanti dalla produzione di carne e latte. Il latte eccedente al fabbisogno familiare veniva destinato alla produzione di bevande lattiche acidificate, il cui scopo era quello di poter conservare il più possibile un prodotto facilmente deteriorabile, questa tecnica delle bevande ha probabilmente preceduto l'arte di fabbricare i formaggi. Con la produzione di bevande a base di latte acidificato inizia la storia della caseificazione e la produzione dei formaggi a pasta fresca e molle. I primi derivati del latte, che ebbero diffusione in tutto l'Oriente, furono le bevande acide come il Komos e il Kumis citate da Erodoto e Senofonte.

Si pensa che i tartari, i tibetani e i persiani conobbero il formaggio ancora prima dei babilonesi e degli ebrei ma non ci sono prove che lo documentino. In Asia nel vecchio Iran nel 8000 A.C. addomesticarono per primi le pecore e le capre. Sono stati trovati dei documenti che provano che nel 7000 A.C. nel medio oriente l’allevamento era già fiorente. E’ stato stabilito, inoltre, che fra il 6100 e il 5800 A.C. nell’epoca neolitica nell’Anatolia e nella Macedonia si inizio’ ad addomesticare e ad allevare i bovini. Nel 3000 A.C. allevarono i bufali. Nel 5000 A.C. in Italia, nel sud della Francia, e nel nord Africa iniziarono l’allevamento di pecore e capre. Gli abitanti dei balcani della valle di Tuna per primi portarono in Europa le mucche nel 4000 A.C. Scavi archeologici fatti in Italia e Francia hanno permesso di dire che già nel 2800 A.C. in questi paesi veniva fatto un formaggio molle primitivo. In babilonia il formaggio era riservato alle persone ricche. Nella bibbia il formaggio è tenuto in grande considerazione. Nel secondo libro di Samuele 17,29 è riportato :’Latte acido, formaggi di pecora e di vacca per Davide e per la sua gente perché si sfamassero’. Gli ebrei quando si spostavano mettevano il latte in otri fatti con lo stomaco delle pecore, e durante il viaggio il latte sbattendo si separava, a questo punto lo scolavano, per farlo asciugare al sole e poi lo mettevano con il sale in vasi di terracotta pronto per il consumo o la conservazione. In India sia per il clima caldo umido sia perché le vacche erano già considerate sacre il formaggio non ebbe a svilupparsi.

In Palestina il freno fu esercitato dal divieto imposto dalla religione ebraica al contemporaneo consumo di carni e di latte ed essendo di caglio animale questo divieto colpì anche il formaggio; ciononostante il vincolo venne superato facendo cagliare il latte con il succo di fichi, anziché con gli enzimi di origine animale.

I Greci chiamarono in causa Amaltèa, la mitica nutrice di Giove, padrona di una capra prodigiosa con il cui latte e derivati avrebbe nutrito il dio. Il corno di questa capra sarebbe poi diventato la cosiddetta cornucopia ossia il corno dell'abbondanza, inesausto fornitore di cibarie. Anche Omero si riconduce alla capra "cretese", rammentando i deliziosi formaggi isolani prodotti seguendo una formula segreta dettata dagli Dei. Nella Grecia classica si riconduceva la scoperta del caglio alle ninfe, dalle quali l'avrebbe appresa il mitico Aristeo, che l'avrebbe poi diffusa tra gli uomini. Durante le olimpiadi in Grecia il formaggio fu la principale fonte di energia degli atleti, veniva unito in un impasto con olio di oliva, farina, frutta e miele.

I Romani perfezionarono le tecniche casearie dei greci quando introdussero l'uso del latte vaccino fino ad allora poco utilizzato; la razione giornaliera di "pecorino" dei legionari romani, secondo Virgilio, fonte più che attendibile, era di 27 grammi. Il latte caprino ed ovino lasciato in canestri coagulava spontaneamente oppure la coagulazione veniva accelerata mescolando continuamente con rametti di fico o aggiungendovi direttamente succo di fico o semi di cardo selvatico. Separando così la parte più densa, che si rapprendeva e acquistava una certa consistenza, dando così origine ai primi formaggi denominati anche “Giuncate” perché prodotti in contenitori di giunco o canestri. I romani sperimentarono oltre al cardo e al fico lo zafferano e l’aceto per cagliare il formaggio e questa mistura veniva chiamata coagulum. Nel I sec. D.C. i Romani per accelerare la stagionatura dei formaggi li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).

Nel III sec. D.C. l’imperatore Diocleziano ordinò che il formaggio fresco fosse venduto avvolto in foglie e che quello stagionato fosse salato sulla superficie.

L'odierno vocabolo "formaggio" è una derivazione della parola "formos"; con questa parola gli antichi greci solevano indicare il paniere di vimini nel quale era d'uso riporre il latte cagliato, per dargli evidentemente forma. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani che, a sua volta, si trasformò, nell'antico francese, in "formage" per arrivare infine ad assumere le moderne versioni dell'italiano "formaggio" e del francese "fromage.

Un racconto popolare piemontese, la cui origine si perde nella notte dei tempi, sostiene che Annibale, scendendo dalle Alpi alla conquista di Roma, si trattenne in Taurinia per merito delle "tome". Nelle leggende, si sa, c'è sempre un fondo di verità. Annibale sicuramente passò dal Piemonte durante la seconda guerra punica. Il 23 settembre del 218 a.C. è la prima data storicamente certa in cui si menziona Torino. Annibale, dopo aver circondato la città, vinse i Taurini al terzo giorno di assedio mettendo a ferro e fuoco il tessuto urbano. Si pensa che per le migliaia di Cartaginesi e i loro alleati essendo affamati e certamente non abituati a tradizioni alimentari così legate al latte, le "tome" piemontesi siano state una sorpresa tanto insperata quanto gradita. Preso come apologo, il racconto di Annibale e delle "tome" rappresenta un'ulteriore conferma dell'antichità della tradizione casearia piemontese.

Il passaggio dei cartaginesi avvenne più di duemila anni or sono, ma è certo che per risalire all'epoca in cui si iniziò a produrre formaggi in Piemonte si dovrebbe fare un ulteriore salto indietro di alcune altre migliaia di anni, quando le migrazioni delle tribù indoeuropee diffusero presso le popolazioni locali l'allevamento dei bovini e la lavorazione del loro latte. I graffiti risalenti al neolitico (tra il 5000 e il 2000 a. C.) rinvenuti sul Monte Bego ( Alpi Marittime ) testimoniano che già in quell'epoca era praticato l'allevamento dei bovini e assai diffusa la produzione di formaggi.

Tra i diversi tipi di formaggio ve ne sono alcuni risalenti a secoli e secoli fa altri di origine recente. L'evoluzione costante della tecnica di preparazione, lavorazione e stagionatura dei formaggi non deve far pensare a mutamenti rivoluzionari avvenuti nel corso dei secoli. Infatti i principi basilari per ottenere il formaggio sono rimasti gli stessi; le modifiche avvenute nel tempo sono dovute principalmente alla fantasia e ai gusti differenti dei produttori e dei consumatori delle varie epoche storiche.

In Europa , tranne che per alcune eccezioni, i formaggi che oggi noi conosciamo ebbero origine dal XIV al XVI secolo. Custodi e precursori delle attuali tecniche casearie furono senz’altro i monaci.
D’altro canto è anche vero che mentre gli scritti dei monasteri sono giunti sino a noi, di quello che era la sapienza popolare non ne è rimasta traccia scritta ma solo la tradizione orale difficilmente databile e verificabile.

Pasta noci e pancetta

Ultimamente è un piatto che mi faccio spesso quando sono a casa da solo, semplice e veloce.

INGREDIENTI x 1pers

1 vaschetta di pancetta tagliata a fiammifero (a cubetti non entrerebbe nel maccherone)
3/4 noci grosse
1 cucchiaio di panna
Olio

Far soffriggere la pancetta con l'olio
Pestare le noci con il mortaio (devono essere polverizzate)

Quando scolate la pasta conditela con la pancetta e le noci e versate il cucchiaio di panna (non esagerate con la panna, perchè deve servire unicamente da collante per le noci altrimenti vi coprirà gli altri sapori).

Se proprio volete, un pizzico di pepe nero per renderla più viva, ma è buona anche senza.

:-))

Squaquarone

Lo Squaquarone è un formaggio fresco prodotto con latte vaccino; ha una pasta molle di color bianco; il sapore è dolce e delicato.
Per quanto riguarda il nome (squacquerona o squaccherone) qualcuno dice che derivi dal modo sgangherato in cui ridevano e ridono ancor oggi i contadini burloni della Romagna. Altri assicurano che cosi' è stato chiamato per la sua morbidezza, visto che "squaquaron" ricorda il rumore prodotto dalle cose che si squagliano.
Viene consumato preferibilmente con la classica piadina.

Mi raccomando il Sangiovese :D

Parmigiano Reggiano

Quando si dice che il Parmigiano-Reggiano è "da almeno otto secoli un gran formaggio" non si afferma soltanto la sua antichissima origine; quello che si mette in evidenza è che questo formaggio è oggi esattamente com' era ben otto secoli fa, con lo stesso aspetto e la stessa straordinaria fragranza, fatto allo stesso modo, negli stessi luoghi, con i medesimi e sapienti gesti rituali. Testimonianze storiche dimostrano che già nel 1200-1300 il Parmigiano-Reggiano aveva raggiunto quella tipizzazione perfetta che si è conservata sostanzialmente immutata fino ai nostri giorni. Il che significa che la produzione casearia del comprensorio ha sicuramente origini molto più antiche, dal momento che si può ragionevolmente supporre che le caratteristiche peculiari del prodotto fossero state raggiunte molto tempo prima. Lo "standard" del Parmigiano-Reggiano è infatti un'evoluzione di antichi e straordinari formaggi, già citati da autori latini, determinata dal costante perfezionamento delle tecniche di caseificazione. I primi casari che ottennero da forme lavorate quei caratteri unici che rendono ancora oggi il prodotto inimitabile si resero subito conto di avere creato una opera d'arte; e da uomini saggi si contentarono della eccellenza qualitativa raggiunta. L' impegno e la dedizione erano stati premiati; ma come per ogni lavoro creativo non era mancata "la parte di Dio". Infatti, oltre alla mano dell'uomo, molti altri elementi indipendenti dai suoi sforzi avevano concorso a produrre il risultato perfetto. Sono elementi che raramente si riscontrano altrove e mai nella stessa irripetibile composizione: la formazione geologica del terreno, la particolarità degli allevamenti, quella dosata combinazione di circostanze agro-geo-ambientali ed umane che permette la produzione di un latte di pregio, diverso anche da quello di zone geograficamente vicine, l'unico latte che può dare origine a un formaggio eccezionale, capace di una maturazione lentissima, che lo carica di sapori inimitabili.
E' invece da attribuire tutto agli uomini il merito di aver conservato orgogliosamente attraverso i secoli le patenti di nobiltà del Parmigiano-Reggiano e di non aver ceduto, nemmeno oggi - in cui tutto è tecnologia ed automazione - alla tentazione di semplificare le funzioni e le attività. Così i casari, oggi come una volta, continuano nella loro fatica e nel loro rischio, ostinandosi con lealtà e con fierezza a fare il loro formaggio solo con il latte, col caglio, col fuoco e con l'arte e perseverando nell'osservanza schietta e rigorosa di metodi secolari e nell'applicazione di una tecnica che è frutto di particolare vocazione e di maturata esperienza.
Secondo il Platina, umanista cremonese del '400: "Due sono oggi in Italia le specie di formaggio che si contendono il primato: il 'marzolino', così chiamato dagli Etruschi perché si fa in Etruria nel mese di marzo e il Parmigiano nella regione cisalpina, che si può anche chiamare 'maggengo', dal mese di maggio". Un'altra citazione è tratta da un libro di Francesco Maria Grapaldo, dove si commentano passi di Vitruvio e di altri autori latini. Così recitano le traduzioni: "Formaggio Parmigiano: ai nostri tempi in Italia si dà un primato di qualità al formaggio Parmigiano, mentre un tempo si vantava l'abbondanza della lana. Di qui il distico: ...sono il nobile frutto del latte di Parma..".

Non occorre compiere laboriose ricerche nelle nostre biblioteche per radunare documenti sull'antica origine del Parmigiano-Reggiano. Una delle citazioni più significative si trova addirittura nel Decamerone e non c'è dubbio - per le parole stesse con cui è espressa - che il Parmigiano, a cui Maso si riferisce nel descrivere a Calandrino il paese di Bengodi, è esattamente lo stesso formaggio che oggi si fregia del nome di Parmigiano-Reggiano: "et eravi una montagna di formaggio Parmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti, che niuna altra cosa facevan, che fare maccheroni e ravioli", con l' altra bella trovata che, una volta cotti, li facevan rotolare sul formaggio per condirli meglio. E quella di condire la pastasciutta con il Parmigiano è tradizione antica, come testimonia, già nel 1500, Frate Salimbene nelle sue"Le Cronache". Sempre al XVI secolo risale la testimonianza che afferma che "in questi tempi il primo vanto all'Italia è dato per il formaggio Parmigiano, mentre una volta glielo si attribuiva per l'abbondanza della lana"; del 1656 è il dizionario dei sinonimi di Francesco Serra, dove si dice che "i nomi del formaggio derivano dai luoghi dove lo si produce migliore; come il Parmigiano, che prende nome dal luogo e dalla bontà" (e cioè dal luogo in cui è veramente buono). Ma può colpire di più , come curiosità, la pagina in cui l'allora celebre Cristoforo di Messisbugo descrive - in un suo ricettario - la "cena privata" da lui fatta preparare in casa sua il 17 gennaio 1543. Era una cenetta tra amici, si direbbe oggi, con 20 persone appena e priva di pretese (sottolinea messer Cristoforo: "senza vitello e senza capponi") eppure "le frutte e confettioni", cioè il dessert, comprendevano "piatti 6 di formaggio Parmigiano" oltre a tutto il resto. Da notare la raffinatezza di servire il Parmigiano-Reggiano con uva fresca e pere: questo formaggio con la frutta (non solo le pere e l'uva, ma anche le mele, le pesche, le noci, i fichi, il kiwi, ecc.) viene riscoperto anche oggi come fine pranzo o come un dessert da buongustai.

Tra le testimonianze più curiose sono molte quelle indirette, come quella, ad esempio, riferita da vari biografi di Molière: il grande commediografo in tarda età si nutriva soprattutto di Parmigiano. Era quindi già in consonanza con i precetti della dietologia moderna che raccomanda questo formaggio anche ai bambini e agli anziani per il suo altissimo potere nutritivo, per la sua digeribilità e per la specialissima ricchezza in calcio e fosforo facilmente assimilabili. Ma le testimonianze più dirette sono quelle che si rinvengono manoscritte negli archivi di Reggio Emilia, di Parma, ed, in particolare, nei registri delle merci esportate ove si parla di partite di Parmigiano-Reggiano dirette in tutta l'Europa civile. Sarebbero molti gli episodi da citare; uno fra tutti, un brano di una lettera dal "Carteggio degli Anziani di Reggio Emilia", datata 21 gennaio 1536. Questi signori , raccogliendo le lamentele di "A. Patacino, nostro cittadino", esprimono una garbata protesta perchè "adducendo" Parmigiano-Reggiano a Venezia, "lo astringono a pagare il datio".

Con il suo curioso sapore di attualità questa missiva merita di chiudere questa piccola scelta di citazioni. Ovviamente anche la storia recente del Parmigiano-Reggiano ha i suoi capitoli importanti; è, in sostanza la storia di come i circa 600 piccoli caseifici artigianali della zona tipica (che rappresentano circa novemila agricoltori produttori di latte) abbiano ottenuto dalla legge il riconoscimento della loro determinazione di conservare inalterato il metodo di lavorazione e l'altissimo livello qualitativo del prodotto; è la storia di come la garanzia di genuinità del Parmigiano-Reggiano sia oggi assoluta, in forza di norme precise, applicate con rigida autodisciplina di conformità e con rigoroso controllo. Ma non occorre raccontarla: i fatti parlano da soli, come appare nelle pagine che seguono, che illustrano la situazione di certificazione del processo produttivo presente, degno di un passato tanto nobile e antico.

Nel Parmigiano-Reggiano c'è una vera e propria concentrazione di sostanze nutritive, perchè un chilo di formaggio si ottiene da ben sedici litri del pregiatissimo latte della zona tipica, eccezionale per tenore di proteine e vitamine, per ricchezza di calcio e di fosforo. Il latte è, in se stesso, alimento completo di digeribilità relativamente facile, perchè contiene sostanze semplici ed essenziali di facile assimilazione da parte dell'organismo. Questa carica nutritiva si concentra nella pasta del Parmigiano-Reggiano e, nel lunghissimo periodo di invecchiamento naturale, resta viva, in un processo che ne esalta i suoi pregi organolettici e sviluppa contemporaneamente i caratteri che la renderanno ancora più facilmente assimilabile. L'affinamento è assolutamente naturale, non forzato da sostanze estranee o da alterazioni della temperatura ambiente; e questo è uno dei segreti che danno al Parmigiano-Reggiano, in grado eccellente, i tre pregi di cui si parlava: conservazione di un altissimo potere nutritivo, sapore inimitabile, facile digeribilità. Dai molti studi e ricerche, che sono stati compiuti in epoche diverse e che si sono recentemente moltiplicati, si può indicare - in sintesi - quale è il contenuto nutritivo medio del Parmigiano-Reggiano. Il 36,14% è costituito da sostanze proteiche; un indice questo superiore a quello di qualunque altro formaggio. Il suo contenuto medio in lipidi è basso, appena il 28,3%, mentre valori molto alti si registrano per il calcio (1,30%) e per il fosforo (0,70%). Le vitamine sono presenti in quantità eccezionalmente varia ed equilibrata. Il valore in calorie è di 392 per etto. In sintesi: un' altissima quota di elementi proteici e lipidi nobili, una concentrazione straordinaria di vitamine e sali minerali.