2 uova medie (120 g)
120 g di zucchero
60 g di olio di riso (io ho usato 60 gr di burro)
60 g di yogurt magro
120 g di farina
1 cucchiaino di cannella macinata
2 mandarini (la ricetta parla di succo, ma io li ho frullati...ed erano 5 e non 2)
1/2 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
zucchero a velo
Montate le uova con lo zucchero per almeno 15 minuti.
Unite il sale, l'olio, lo yogurt, il succo dei mandarini, la cannella ed, infine, la farina setacciata con il lievito: amalgamate con un frusta a mano per non smontare il composto di uova (procedete con movimenti circolari dall'alto verso il basso).
Versate il tutto in uno stampo da 22 cm di diametro, già imburrato ed infarinato. Infornate a 180 gradi per 30 minuti, quindi estraete, bagnate la superficie con il succo dell'altro mandarino addolcito con poco zucchero a velo, lasciate raffreddare a temperatura ambiente e servite.
Secondo me il fatto di aver messo 5 mandarini invece che 2, le ha dato un gusto molto più deciso (ovviamente ci vorrà un po più di farina per rassodare il composto).
HTRestaurant
Le ricette della federazione "Hattrick's restaurant"
La fonduta
La fonduta è un piatto a base di formaggio fuso, tipico della zona alpina compresa tra la Valle d'Aosta, il Piemonte, la Savoia (regione francese) e la parte sud-occidentale della Svizzera.
Onguna di queste zone ha la sua ricetta: cambiano per esempio il tipo di formaggio e la presenza di vino
Ovviamente la fonduta valdostana e quella piemontese sono legate in modo indissolubile alla Fontina DOP.
L'origine della fonduta non è chiara: per alcuni è nata a Ginevra o a Torino, ad opera dei Cavour, secondo Anthelme Brillat-Savarin la fonduta sarebbe di ispirazione svizzera.
Pellegrino Artusi la definì cacimperio nel suo storico libro di cucina, ma non la tenne in particolare considerazione.
Una testimonianza storica della fonduta si ha nel 1854: una classica ricetta venne pubblicata nel "Trattato di cucina" di Giovanni Vialardi, cuoco dei re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
La fonduta è un piatto unico molto sostanzioso, da sempre consumato con crostoni di pane o con fette di polenta.
Il segreto della fonduta risiede nella capacità di fondere il formaggio facendogli assumere la giusta consistenza, evitando che coaguli formando fastidiosi grumi. Per raggiungere l'obbiettivo è fondamentale scaldare la fontina insieme al latte senza superare i 60 gradi, mescolando in continuazione, per poi aggiungere i tuorli d'uovo che serviranno per dare fluidità e consistenza alla crema di formaggio, che se preparata a regola d'arte non deve filare. La fonduta andrà poi mantenuta calda con l'apposito fornelletto.
La fonduta è un piatto decisamente tosto: costituita da formaggio, con 400 kcal per 100 g, è lontanissima dalle 100 kcal per 100 g di un piatto dietetico. Tuttavia, si può considerare la possibilità di bilanciare le calorie della fonduta abbinandola a cibi ipocalorici (uno dei segreti della cucina Sì): frutta, verdura cruda e cotta, invece del pane e delle patate che in genere vengono abbinate a questa pietanza.
La ricetta della fonduta
Ingredienti per 4 persone:
- 400 g di fontina valdostana;
- 250 g di latte intero;
- 4 tuorli d'uovo;
- 30 g di burro;
- pepe bianco
Preparazione: tagliare la fontina a fettine sottili e metterla a bagno per almeno 4 ore nel latte in una grande pentola di acciaio con fondo spesso. Mettere sul fuoco basso la pentola, aggiungere il burro e mescolare in continuazione con una frusta metallica finché il formaggio non è completamente fuso, quindi aggiungere i tuorli d'uovo e continuare a cuocere mescolando finché il composto non inizia ad addensare (quando raggiunge i 72 gradi), quindi spegnere e versare nell'apposito contenitore con fornelletto, in alternativa versare in un tegame di coccio precedentemente riscaldato in forno, in modo tale che mantenga la temperatura.
La fonduta si mangia con la polenta o con il pane abbrustolito, oppure si può versare sopra delle verdure bollite, aumentando l'indice di sazietà ed evitando di eccedere troppo con le calorie. Condita con tartufo bianco è una vera delizia.
Per chi volesse approfondire anche su altri tipi di fonduta: (http://it.wikipedia.org/wiki/Fonduta)
Onguna di queste zone ha la sua ricetta: cambiano per esempio il tipo di formaggio e la presenza di vino
Ovviamente la fonduta valdostana e quella piemontese sono legate in modo indissolubile alla Fontina DOP.
L'origine della fonduta non è chiara: per alcuni è nata a Ginevra o a Torino, ad opera dei Cavour, secondo Anthelme Brillat-Savarin la fonduta sarebbe di ispirazione svizzera.
Pellegrino Artusi la definì cacimperio nel suo storico libro di cucina, ma non la tenne in particolare considerazione.
Una testimonianza storica della fonduta si ha nel 1854: una classica ricetta venne pubblicata nel "Trattato di cucina" di Giovanni Vialardi, cuoco dei re Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II.
La fonduta è un piatto unico molto sostanzioso, da sempre consumato con crostoni di pane o con fette di polenta.
Il segreto della fonduta risiede nella capacità di fondere il formaggio facendogli assumere la giusta consistenza, evitando che coaguli formando fastidiosi grumi. Per raggiungere l'obbiettivo è fondamentale scaldare la fontina insieme al latte senza superare i 60 gradi, mescolando in continuazione, per poi aggiungere i tuorli d'uovo che serviranno per dare fluidità e consistenza alla crema di formaggio, che se preparata a regola d'arte non deve filare. La fonduta andrà poi mantenuta calda con l'apposito fornelletto.
La fonduta è un piatto decisamente tosto: costituita da formaggio, con 400 kcal per 100 g, è lontanissima dalle 100 kcal per 100 g di un piatto dietetico. Tuttavia, si può considerare la possibilità di bilanciare le calorie della fonduta abbinandola a cibi ipocalorici (uno dei segreti della cucina Sì): frutta, verdura cruda e cotta, invece del pane e delle patate che in genere vengono abbinate a questa pietanza.
La ricetta della fonduta
Ingredienti per 4 persone:
- 400 g di fontina valdostana;
- 250 g di latte intero;
- 4 tuorli d'uovo;
- 30 g di burro;
- pepe bianco
Preparazione: tagliare la fontina a fettine sottili e metterla a bagno per almeno 4 ore nel latte in una grande pentola di acciaio con fondo spesso. Mettere sul fuoco basso la pentola, aggiungere il burro e mescolare in continuazione con una frusta metallica finché il formaggio non è completamente fuso, quindi aggiungere i tuorli d'uovo e continuare a cuocere mescolando finché il composto non inizia ad addensare (quando raggiunge i 72 gradi), quindi spegnere e versare nell'apposito contenitore con fornelletto, in alternativa versare in un tegame di coccio precedentemente riscaldato in forno, in modo tale che mantenga la temperatura.
La fonduta si mangia con la polenta o con il pane abbrustolito, oppure si può versare sopra delle verdure bollite, aumentando l'indice di sazietà ed evitando di eccedere troppo con le calorie. Condita con tartufo bianco è una vera delizia.
Per chi volesse approfondire anche su altri tipi di fonduta: (http://it.wikipedia.org/wiki/Fonduta)
Camembert
Il camembert è un formaggio prodotto in Normandia ed è considerato uno degli emblemi gastronomici della Francia.
Origine
L'origine del Camembert risale alla fine del XVII secolo. Infatti, già dal 1680 si possono trovare documenti con riferimenti ai formaggi caratteristici del paese di Camembert, il villaggio d'origine e da cui prende il nome il formaggio. Nel 1708 Thomas Corneille gli consacrò un articolo nel suo Dictionnaire Universel Géographique et Historique. Tuttavia, è solo nel 1791 che viene messa a punto la tecnica di fabbricazione del camembert grazie all'opera di Marie Harel, una contadina del villaggio di Camembert, ed ai consigli esperti di un prete originario della Brie.
Descrizione
Il Camembert è un formaggio a base di latte di mucca "crudo" (il latte non deve mai essere riscaldato a più di 37 gradi). È un formaggio a pasta molle con crosta fiorita e di colore bianco. Ha forma rotonda, peso di circa 250 g ed è prodotto con circa 2 litri di latte. È venduto obbligatoriamente in scatole di legno.
Degustazione
Il suo periodo di degustazione ottimale va da aprile ad agosto dopo un periodo di stagionatura che va da 6 a 8 settimane, ma è anche eccellente da marzo a novembre.
Fabbricazione
La fabbricazione segue una procedura tradizionale: il formaggio deve essere messo in uno stampo con un mestolo e sono necessari almeno 5 mestoli per fare un camembert. Ogni passaggio del mestolo deve essere separato da 40 minuti per assicurare una massima sgocciolatura. La sua dimensione massima è di 12 cm.
Tipi di camembert
Camembert di Normandia, l'unico che possiede il marchio AOC
Camembert al Calvados
Camembert fermier (fabbricazione artigianale)
Camembert stagionato al sidro
Origine
L'origine del Camembert risale alla fine del XVII secolo. Infatti, già dal 1680 si possono trovare documenti con riferimenti ai formaggi caratteristici del paese di Camembert, il villaggio d'origine e da cui prende il nome il formaggio. Nel 1708 Thomas Corneille gli consacrò un articolo nel suo Dictionnaire Universel Géographique et Historique. Tuttavia, è solo nel 1791 che viene messa a punto la tecnica di fabbricazione del camembert grazie all'opera di Marie Harel, una contadina del villaggio di Camembert, ed ai consigli esperti di un prete originario della Brie.
Descrizione
Il Camembert è un formaggio a base di latte di mucca "crudo" (il latte non deve mai essere riscaldato a più di 37 gradi). È un formaggio a pasta molle con crosta fiorita e di colore bianco. Ha forma rotonda, peso di circa 250 g ed è prodotto con circa 2 litri di latte. È venduto obbligatoriamente in scatole di legno.
Degustazione
Il suo periodo di degustazione ottimale va da aprile ad agosto dopo un periodo di stagionatura che va da 6 a 8 settimane, ma è anche eccellente da marzo a novembre.
Fabbricazione
La fabbricazione segue una procedura tradizionale: il formaggio deve essere messo in uno stampo con un mestolo e sono necessari almeno 5 mestoli per fare un camembert. Ogni passaggio del mestolo deve essere separato da 40 minuti per assicurare una massima sgocciolatura. La sua dimensione massima è di 12 cm.
Tipi di camembert
Camembert di Normandia, l'unico che possiede il marchio AOC
Camembert al Calvados
Camembert fermier (fabbricazione artigianale)
Camembert stagionato al sidro
Puzzone di Moena
Formaggio derivato da latte vaccino latte intero. Richiede una stagionatura da cinque mesi ad un anno circa. L'area di produzione comprende le valli di Fiemme e Fassa. Mentre non richiede alcuna spiegazione la dizione italiana, più difficile da comprendere è la designa ladina del formaggio: Spretz Tzaorì sta, semplicemente, per formaggio saporito. Tipico della Val di Fassa, ha pasta morbida, fondente, con occhiatura rara e irregolare, assai odorosa. Il suo sapore è intenso, lievemente e gradevolmente piccante.
Squisito con la polenta e la purea di patate.
Squisito con la polenta e la purea di patate.
Breve storia dei formaggi DOP
Vedremo di dare un immagine di quello che era, per quanto riguarda i formaggi, lo scenario europeo in quei tempi ormai remoti, citando i formaggi Dop di oggi di cui abbiamo notizie storiche.
In Austria si hanno le prime notizie del Gaitaler a partire dal XIV sec. , in Belgio l’Heive deve le sue attuali tecniche di elaborazione alle abbazie medioevali, in Danimarca l’Esrom fu creato dai monaci del monastero omonimo nei secoli XI e XII, in Francia,visto la grande quantità di formaggi tradizionali, il discorso assume un aspetto più articolato.
Sempre parlando di formaggio l’antenato del Blue de Gex risale all’abbazia di Saint-Claude , mentre lo sviluppo di un formaggio di maggiori dimensioni simile all’attuale lo si deve alla venuta in loco nel 1343 di esuli del Delfinato i quali introdussero le loro tecniche di caseificazione.I primi formaggi prodotti nella Haute-Auvergne, il cosiddetto paese verde, risalgono a 2000 anni fa e la razza bovina Salers, quella da cui si ricava il latte per il Cantal arriva dalla notte dei tempi. Plinio il vecchio citava l’eccellenza dei formaggi di Gabalés e Gevaudan, mentre Broyere-Champier nel XVI secolo esaltava il Cantal.
Lo Chabichou du Poitou , formaggio caprino, nacque intorno all’anno 732 quando i saraceni in rotta dopo la disastrosa sconfitta di Poitiers per mano di Carlo Martello si dispersero in quelle lande impervie. Tra i saraceni numerosi erano i pastori aggregati alle armate con le capre al seguito (chebli in arabo). Queste capre si adattarono perfettamente all’ambiente del Poitou dove si iniziò a produrre formaggio Chabi, da cui il nome dell’attuale caprino.
Cambiando formaggio e andando su un vaccino per l’esattezza il Comté possiamo dire che esso vanta una tradizione piu’ che millenaria. Già i romani ne erano ghiotti e imbarcavano forme nel porto di Marsiglia. I primi documenti scritti risalgono però al Medio Evo quando alcuni cronisti descrissero il funzionamento delle “fruitières” vere e proprie cooperative anti litteram. Per una sola forma occorrevano in media 500 l. di latte. Ecco perché già nel XIII secolo gli allevatori si unirono e fecero affluire il loro latte alle “fureterie”, poi diventate “fruitière”.
Il Laguiole ebbe origine nell’abbazia di Aubrac nel 1120 per rifornire i pellegrini che qui sostavano lungo la strada per Santiago de Compostela.
Per il Maroilles nel XII secolo un “Escript de Pasturage” obbligava gli abitanti dei villaggi della regione a convertire il latte di loro produzione in formaggio, il latte il primo ottobre doveva essere consegnato alle varie parrocchie e poi trasportato a Maroilles.
Il Munster fu creato dai monaci del Monasterium Confluentes nel VII secolo nella valle del Fecht sul versante Alsaziano, un Munster Kaes antenato dell’attuale omonimo formaggio.
Del Neufchatel se ne trova menzione scritta a far data del 1035.
Per l’Osseau-Iraty i primi documenti risalgono al XIII secolo.
La Tomme de Pyrenées fu menzionata addirittura nel XII secolo ed esattamente nella regione del Saint-Girans.
Il Saint-Maurie de Torraine è testimoniato a partire dal VIII sec. in epoca Carolingia come si può leggere negli archivi d’Indre et Loire.
In Grecia il Feta e il Kalathaki sono antichi come i greci. Nell’Odissea Omero riferendosi a Polifemo ci descrive alcuni formaggi da lui prodotti: da questi probabilmente deriva il Feta.
Le Cicladi sono la regione greca dove vengono allevate sin dal XV secolo vacche da latte e dove viene prodotto il Graviera Naxos.
Vi sono addirittura formaggi come il Monouri e il Piktogalo dove la loro storia si perde nella notte dei tempi e ha origine pare dai tempi preistorici.
In Italia come in Francia abbiamo parecchie testimonianze, per esempio il Bitto il cui nome deriva dal celtico Bitu (assegnatoli da clan celtici cacciati dai romani e rifugiatosi nelle valle Gerda e Abaredo).
Del Quartirolo Lombardo e della Toma Piemontese abbiamo notizie dal X-XI sec, del Castelmagno dal XII sec., del Montasio dal XIII sec. ( abbazia di Moggio ), del Bra e del Taleggio dal XIV sec., il Pecorino Toscano e la Fontina dal XV sec., dell’Asiago e della Caciotta d’Urbino dal XVI sec.
Per il Caciocavallo Silano l’origine è avvolta nelle nebbie della leggenda così come resta incerta l’etimologia del nome. Appare sensata l’ipotesi che collega il nome caciocavallo all’abitudine di appendere le forme a cavallo di un bastone orizzontale . Dall’Italia questo formaggio si sarebbe diffuso in ambito mediterraneo dando origine al qasqaval turco e ai vari formaggi simili di altri paesi ( Bosnia,Bulgaria,Ungheria,Romania e Russia ).
Del Fiore Sardo abbiamo una allegoria in una statua di bronzo ( 1° millennio A.C. ) ritrovata a Dolianova e conservata al museo di archeologia di Cagliari che raffigura un pastore con un ariete sulle spalle.
Il Fiore Sardo deriva dunque dai formaggi pecorini prodotti in Sardegna fin dall’antichità più remota.
Il Grana Padana ebbe origine nell’anno 1000 per mano dei monaci Cistercensi di Chiaravalle.
La Mozzarella di Bufala risale al XII sec. da notizie del monastero di San Lorenzo in Capua.
Il Murazzano e il Roccaverano trovano origine in quei formaggi astigiani e cebani elogiati da Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia.
Per il Parmigiano Reggiano le fonti più antiche parlano di un Caseus duro; la prima testimonianza letteraria l’abbiamo con Giovanni Boccaccio.
Il Pecorino Siciliano è il più antico dell’isola e le sue origini vengono fatte risalire al ciclope Polifemo.
Leonardo da Vinci cita il Valtellina nel Codice Atlantico nel 1500.
Il Pecorino Romano prodotto oggi non differisce sostanzialmente da quello prodotto 2000 anni fa. Studiosi come Marrone, Galeno, Plinio il vecchio parlano dettagliatamente di questo formaggio nelle loro opere e Columella del suo trattato De Re Rustica scritto nel I secolo d.c. descrive una metodologia di preparazione che potrebbe essere tranquillamente seguita dai moderni caseifici.
Nei Paesi Bassi la fabbricazione del formaggio ha origine nel medio evo con l’Edam che venne esportato in tutto il mondo grazie al porto antico di Zuiderzee.
In Portogallo abbiamo il Queijo de Saò Jorge del XV sec. Il Queijo Serra de Estrela fu citato nel medio evo da Gil Vicente descrivendo i prodotti di questa zona montagnosa. I formaggi portoghesi come li conosciamo noi hanno origine all’inizio del 900, benchè di alcune tipologie vi siano tracce più antiche.
In Gran Bretagna lo Stilton risale al XVIII sec, il Glaucaster al XV sec, mentre del Cheddar prodotto sulle colline Memdip Hills vicino alla Cheddar Gorge abbiamo notizie dal XVI sec, ma la sua storia risale all’epoca in cui i romani introdussero i formaggi a pasta dura fra le popolazioni inglesi.
In Spagna il mitico Cabrales risale al XVIII sec, dell’Idiazabal abbiamo testimonianze archeologiche in varie zone dei paesi Baschi in particolare le grotte di Husas e di Arenzana testimoniano l’attività pastorale di quest’area già nel 2200 a.c.
Del Mahòn proveniente da Minorca e definita dai greci l’isola del cacio, abbiamo testimonianza nell’alto medio evo ( 417 d.c. ) da parte del Vescovo Severo nelle sue encicliche.
Del Picodòn Bejes-Tresviso abbiamo testimonianza datata 15 maggio 962 nel Cartulario di San Toribio di Lièbana.
Del Queso Manchego esistono testimonianze archeologiche ( ritrovamento di utensili ) che è possibile vedere nei principali musei della regione.
Del Queso Zamorano troviamo traccia negli archivi di Zamora già nel periodo medioevale.
Il Queso de Libano merita un discorso a parte. La conservazione del formaggio tramite affumicatura era praticata in Cantabia già in epoca romana e permetteva la conservazione e il trasporto del formaggio sino a Roma. Tale sistema fu utilizzato anche per conservare il formaggio nelle traversate transoceaniche come testimoniato nel 1442 da Riba Herrera, uno dei colonizzatori del Perù.
Nel perdurare dei secoli il formaggio ha avuto un rapporto ambiguo, fu oggetto tanto di fanatismi quanto di repulsioni.
Piero Camporesi nella sua raccolta di saggi “Le officine dei sensi” scrisse: “... Per molti secoli si ritenne che la malignità intrinseca del formaggio, la sua nequizia venisse preavvertita e segnalata dal suo odore, per non pochi nauseabondo e stomachevole, indice sicuro di residuo in decomposizione, materia sfatta e deleteria, sostanza putredinosa nociva alla salute e terribile corruttore degli umori...”. Da tale convinzione si presuppone che il formaggio fosse considerato cibo da contadini e da poveracci, indegno di persone perbene e civili.
Le poche testimonianze antiche e medioevali sulla diffusione del formaggio in Italia indicano che si trattava di un alimento diffuso soprattutto tra i più poveri, che lo utilizzavano come "riserva di cibo". Con il tempo e il diversificarsi delle lavorazioni, variò pure la considerazione in cui veniva tenuto il formaggio: alcuni tipi, come lo "spongius" e il "filosus", più scadenti, continuarono ad essere presenti sulle mense più umili; altri, come le robiole e il "seratium", furono considerati delle vere e proprie ghiottonerie ed apprezzati in modo particolare alla corte sabauda, come testimonia un registro del 1270.
Il suo consumo nelle taverne cominciò ad imporsi nel '700 unitamente al burro che si impadronì della grande cucina aristocratica. Lo prova il fatto, che risalgono a questo periodo, le terminologie più appropriate per le quali i nomi cominciarono a fare riferimento a tipicità produttive e di luogo.
Oggi le cose sono cambiate. Il generale De Gaulle disse: “Come si può governare un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario?”. E qui per quanto risaputo non sarà banale ricordare che in Francia il formaggio è protagonista in ogni tavola.
E che dire dell'Italia che secondo uno studio dell'Insor (Istituto di Sociologia Rurale) ne segnala ben 403 di cui 30 tutelati da una Denominazione Tipica o di Origine e molti altri hanno già fatto richiesta e sono in attesa del riconoscimento europeo.
Il formaggio per la sua costituzione chimica e biochimica e per i molteplici fattori naturali e umani che ne influenzano le caratteristiche risulta essere un alimento estremamente complesso e di spiccata unicità. Pur se la base è costituita da tre soli elementi: acqua, grasso e proteine con aggiunta di sale , le differenze in ogni formaggio sono elevate. Queste differenze sono giustificate dal tipo di foraggio e dipendono molto dalla tecnologia di fabbricazione che fa si’ che i formaggi acquistino caratteristiche proprie, uniche, a volte irripetibili al di fuori dell'ambiente di origine, generando cosi’ una grande varietà di caratteristiche organolettiche, di sfumature, di aromi e di gusti per il piacere di chi li assaggia.
In Austria si hanno le prime notizie del Gaitaler a partire dal XIV sec. , in Belgio l’Heive deve le sue attuali tecniche di elaborazione alle abbazie medioevali, in Danimarca l’Esrom fu creato dai monaci del monastero omonimo nei secoli XI e XII, in Francia,visto la grande quantità di formaggi tradizionali, il discorso assume un aspetto più articolato.
Sempre parlando di formaggio l’antenato del Blue de Gex risale all’abbazia di Saint-Claude , mentre lo sviluppo di un formaggio di maggiori dimensioni simile all’attuale lo si deve alla venuta in loco nel 1343 di esuli del Delfinato i quali introdussero le loro tecniche di caseificazione.I primi formaggi prodotti nella Haute-Auvergne, il cosiddetto paese verde, risalgono a 2000 anni fa e la razza bovina Salers, quella da cui si ricava il latte per il Cantal arriva dalla notte dei tempi. Plinio il vecchio citava l’eccellenza dei formaggi di Gabalés e Gevaudan, mentre Broyere-Champier nel XVI secolo esaltava il Cantal.
Lo Chabichou du Poitou , formaggio caprino, nacque intorno all’anno 732 quando i saraceni in rotta dopo la disastrosa sconfitta di Poitiers per mano di Carlo Martello si dispersero in quelle lande impervie. Tra i saraceni numerosi erano i pastori aggregati alle armate con le capre al seguito (chebli in arabo). Queste capre si adattarono perfettamente all’ambiente del Poitou dove si iniziò a produrre formaggio Chabi, da cui il nome dell’attuale caprino.
Cambiando formaggio e andando su un vaccino per l’esattezza il Comté possiamo dire che esso vanta una tradizione piu’ che millenaria. Già i romani ne erano ghiotti e imbarcavano forme nel porto di Marsiglia. I primi documenti scritti risalgono però al Medio Evo quando alcuni cronisti descrissero il funzionamento delle “fruitières” vere e proprie cooperative anti litteram. Per una sola forma occorrevano in media 500 l. di latte. Ecco perché già nel XIII secolo gli allevatori si unirono e fecero affluire il loro latte alle “fureterie”, poi diventate “fruitière”.
Il Laguiole ebbe origine nell’abbazia di Aubrac nel 1120 per rifornire i pellegrini che qui sostavano lungo la strada per Santiago de Compostela.
Per il Maroilles nel XII secolo un “Escript de Pasturage” obbligava gli abitanti dei villaggi della regione a convertire il latte di loro produzione in formaggio, il latte il primo ottobre doveva essere consegnato alle varie parrocchie e poi trasportato a Maroilles.
Il Munster fu creato dai monaci del Monasterium Confluentes nel VII secolo nella valle del Fecht sul versante Alsaziano, un Munster Kaes antenato dell’attuale omonimo formaggio.
Del Neufchatel se ne trova menzione scritta a far data del 1035.
Per l’Osseau-Iraty i primi documenti risalgono al XIII secolo.
La Tomme de Pyrenées fu menzionata addirittura nel XII secolo ed esattamente nella regione del Saint-Girans.
Il Saint-Maurie de Torraine è testimoniato a partire dal VIII sec. in epoca Carolingia come si può leggere negli archivi d’Indre et Loire.
In Grecia il Feta e il Kalathaki sono antichi come i greci. Nell’Odissea Omero riferendosi a Polifemo ci descrive alcuni formaggi da lui prodotti: da questi probabilmente deriva il Feta.
Le Cicladi sono la regione greca dove vengono allevate sin dal XV secolo vacche da latte e dove viene prodotto il Graviera Naxos.
Vi sono addirittura formaggi come il Monouri e il Piktogalo dove la loro storia si perde nella notte dei tempi e ha origine pare dai tempi preistorici.
In Italia come in Francia abbiamo parecchie testimonianze, per esempio il Bitto il cui nome deriva dal celtico Bitu (assegnatoli da clan celtici cacciati dai romani e rifugiatosi nelle valle Gerda e Abaredo).
Del Quartirolo Lombardo e della Toma Piemontese abbiamo notizie dal X-XI sec, del Castelmagno dal XII sec., del Montasio dal XIII sec. ( abbazia di Moggio ), del Bra e del Taleggio dal XIV sec., il Pecorino Toscano e la Fontina dal XV sec., dell’Asiago e della Caciotta d’Urbino dal XVI sec.
Per il Caciocavallo Silano l’origine è avvolta nelle nebbie della leggenda così come resta incerta l’etimologia del nome. Appare sensata l’ipotesi che collega il nome caciocavallo all’abitudine di appendere le forme a cavallo di un bastone orizzontale . Dall’Italia questo formaggio si sarebbe diffuso in ambito mediterraneo dando origine al qasqaval turco e ai vari formaggi simili di altri paesi ( Bosnia,Bulgaria,Ungheria,Romania e Russia ).
Del Fiore Sardo abbiamo una allegoria in una statua di bronzo ( 1° millennio A.C. ) ritrovata a Dolianova e conservata al museo di archeologia di Cagliari che raffigura un pastore con un ariete sulle spalle.
Il Fiore Sardo deriva dunque dai formaggi pecorini prodotti in Sardegna fin dall’antichità più remota.
Il Grana Padana ebbe origine nell’anno 1000 per mano dei monaci Cistercensi di Chiaravalle.
La Mozzarella di Bufala risale al XII sec. da notizie del monastero di San Lorenzo in Capua.
Il Murazzano e il Roccaverano trovano origine in quei formaggi astigiani e cebani elogiati da Plinio il vecchio nella sua Naturalis Historia.
Per il Parmigiano Reggiano le fonti più antiche parlano di un Caseus duro; la prima testimonianza letteraria l’abbiamo con Giovanni Boccaccio.
Il Pecorino Siciliano è il più antico dell’isola e le sue origini vengono fatte risalire al ciclope Polifemo.
Leonardo da Vinci cita il Valtellina nel Codice Atlantico nel 1500.
Il Pecorino Romano prodotto oggi non differisce sostanzialmente da quello prodotto 2000 anni fa. Studiosi come Marrone, Galeno, Plinio il vecchio parlano dettagliatamente di questo formaggio nelle loro opere e Columella del suo trattato De Re Rustica scritto nel I secolo d.c. descrive una metodologia di preparazione che potrebbe essere tranquillamente seguita dai moderni caseifici.
Nei Paesi Bassi la fabbricazione del formaggio ha origine nel medio evo con l’Edam che venne esportato in tutto il mondo grazie al porto antico di Zuiderzee.
In Portogallo abbiamo il Queijo de Saò Jorge del XV sec. Il Queijo Serra de Estrela fu citato nel medio evo da Gil Vicente descrivendo i prodotti di questa zona montagnosa. I formaggi portoghesi come li conosciamo noi hanno origine all’inizio del 900, benchè di alcune tipologie vi siano tracce più antiche.
In Gran Bretagna lo Stilton risale al XVIII sec, il Glaucaster al XV sec, mentre del Cheddar prodotto sulle colline Memdip Hills vicino alla Cheddar Gorge abbiamo notizie dal XVI sec, ma la sua storia risale all’epoca in cui i romani introdussero i formaggi a pasta dura fra le popolazioni inglesi.
In Spagna il mitico Cabrales risale al XVIII sec, dell’Idiazabal abbiamo testimonianze archeologiche in varie zone dei paesi Baschi in particolare le grotte di Husas e di Arenzana testimoniano l’attività pastorale di quest’area già nel 2200 a.c.
Del Mahòn proveniente da Minorca e definita dai greci l’isola del cacio, abbiamo testimonianza nell’alto medio evo ( 417 d.c. ) da parte del Vescovo Severo nelle sue encicliche.
Del Picodòn Bejes-Tresviso abbiamo testimonianza datata 15 maggio 962 nel Cartulario di San Toribio di Lièbana.
Del Queso Manchego esistono testimonianze archeologiche ( ritrovamento di utensili ) che è possibile vedere nei principali musei della regione.
Del Queso Zamorano troviamo traccia negli archivi di Zamora già nel periodo medioevale.
Il Queso de Libano merita un discorso a parte. La conservazione del formaggio tramite affumicatura era praticata in Cantabia già in epoca romana e permetteva la conservazione e il trasporto del formaggio sino a Roma. Tale sistema fu utilizzato anche per conservare il formaggio nelle traversate transoceaniche come testimoniato nel 1442 da Riba Herrera, uno dei colonizzatori del Perù.
Nel perdurare dei secoli il formaggio ha avuto un rapporto ambiguo, fu oggetto tanto di fanatismi quanto di repulsioni.
Piero Camporesi nella sua raccolta di saggi “Le officine dei sensi” scrisse: “... Per molti secoli si ritenne che la malignità intrinseca del formaggio, la sua nequizia venisse preavvertita e segnalata dal suo odore, per non pochi nauseabondo e stomachevole, indice sicuro di residuo in decomposizione, materia sfatta e deleteria, sostanza putredinosa nociva alla salute e terribile corruttore degli umori...”. Da tale convinzione si presuppone che il formaggio fosse considerato cibo da contadini e da poveracci, indegno di persone perbene e civili.
Le poche testimonianze antiche e medioevali sulla diffusione del formaggio in Italia indicano che si trattava di un alimento diffuso soprattutto tra i più poveri, che lo utilizzavano come "riserva di cibo". Con il tempo e il diversificarsi delle lavorazioni, variò pure la considerazione in cui veniva tenuto il formaggio: alcuni tipi, come lo "spongius" e il "filosus", più scadenti, continuarono ad essere presenti sulle mense più umili; altri, come le robiole e il "seratium", furono considerati delle vere e proprie ghiottonerie ed apprezzati in modo particolare alla corte sabauda, come testimonia un registro del 1270.
Il suo consumo nelle taverne cominciò ad imporsi nel '700 unitamente al burro che si impadronì della grande cucina aristocratica. Lo prova il fatto, che risalgono a questo periodo, le terminologie più appropriate per le quali i nomi cominciarono a fare riferimento a tipicità produttive e di luogo.
Oggi le cose sono cambiate. Il generale De Gaulle disse: “Come si può governare un Paese che ha più formaggi che giorni nel calendario?”. E qui per quanto risaputo non sarà banale ricordare che in Francia il formaggio è protagonista in ogni tavola.
E che dire dell'Italia che secondo uno studio dell'Insor (Istituto di Sociologia Rurale) ne segnala ben 403 di cui 30 tutelati da una Denominazione Tipica o di Origine e molti altri hanno già fatto richiesta e sono in attesa del riconoscimento europeo.
Il formaggio per la sua costituzione chimica e biochimica e per i molteplici fattori naturali e umani che ne influenzano le caratteristiche risulta essere un alimento estremamente complesso e di spiccata unicità. Pur se la base è costituita da tre soli elementi: acqua, grasso e proteine con aggiunta di sale , le differenze in ogni formaggio sono elevate. Queste differenze sono giustificate dal tipo di foraggio e dipendono molto dalla tecnologia di fabbricazione che fa si’ che i formaggi acquistino caratteristiche proprie, uniche, a volte irripetibili al di fuori dell'ambiente di origine, generando cosi’ una grande varietà di caratteristiche organolettiche, di sfumature, di aromi e di gusti per il piacere di chi li assaggia.
Breve storia del formaggio
Il cibo che oggi consumiamo sulla pasta, come contorno al secondo o semplicemente da solo, rappresenta una scoperta significativa nella storia della nostra civiltà.
Sul formaggio i popoli nomadi fondarono la loro economia, inoltre il formaggio era molto importante nell’Asia Centrale nelle steppe, nella Mesopotamia, nell’Anatolia, e nel Medio oriente, paesi in cui la società era basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Dai 10000 ai 18000 anni fa i pastori hanno inventato il formaggio in Mesopatamia, nella valle compresa fra il Tigri e l'Eufrate, e nell'Indus. Il documento più antico che testimonia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte si può ammirare nel bassorilievo di civiltà Sumera denominato “Fregio della latteria”, che risale al III millennio A.C., dove sono rappresentati i sacerdoti (esperti caseari dell'epoca) nei diversi momenti applicativi della tecnica casearia.
Nel 7000 A.C. in Asia le popolazioni cominciarono ad addomesticare gli animali e le tribu’ che migrarono in Europa portarono i loro usi e il loro bestiame. Con la pastorizia appare logico pensare che le risorse principali dell'uomo fossero quelle derivanti dalla produzione di carne e latte. Il latte eccedente al fabbisogno familiare veniva destinato alla produzione di bevande lattiche acidificate, il cui scopo era quello di poter conservare il più possibile un prodotto facilmente deteriorabile, questa tecnica delle bevande ha probabilmente preceduto l'arte di fabbricare i formaggi. Con la produzione di bevande a base di latte acidificato inizia la storia della caseificazione e la produzione dei formaggi a pasta fresca e molle. I primi derivati del latte, che ebbero diffusione in tutto l'Oriente, furono le bevande acide come il Komos e il Kumis citate da Erodoto e Senofonte.
Si pensa che i tartari, i tibetani e i persiani conobbero il formaggio ancora prima dei babilonesi e degli ebrei ma non ci sono prove che lo documentino. In Asia nel vecchio Iran nel 8000 A.C. addomesticarono per primi le pecore e le capre. Sono stati trovati dei documenti che provano che nel 7000 A.C. nel medio oriente l’allevamento era già fiorente. E’ stato stabilito, inoltre, che fra il 6100 e il 5800 A.C. nell’epoca neolitica nell’Anatolia e nella Macedonia si inizio’ ad addomesticare e ad allevare i bovini. Nel 3000 A.C. allevarono i bufali. Nel 5000 A.C. in Italia, nel sud della Francia, e nel nord Africa iniziarono l’allevamento di pecore e capre. Gli abitanti dei balcani della valle di Tuna per primi portarono in Europa le mucche nel 4000 A.C. Scavi archeologici fatti in Italia e Francia hanno permesso di dire che già nel 2800 A.C. in questi paesi veniva fatto un formaggio molle primitivo. In babilonia il formaggio era riservato alle persone ricche. Nella bibbia il formaggio è tenuto in grande considerazione. Nel secondo libro di Samuele 17,29 è riportato :’Latte acido, formaggi di pecora e di vacca per Davide e per la sua gente perché si sfamassero’. Gli ebrei quando si spostavano mettevano il latte in otri fatti con lo stomaco delle pecore, e durante il viaggio il latte sbattendo si separava, a questo punto lo scolavano, per farlo asciugare al sole e poi lo mettevano con il sale in vasi di terracotta pronto per il consumo o la conservazione. In India sia per il clima caldo umido sia perché le vacche erano già considerate sacre il formaggio non ebbe a svilupparsi.
In Palestina il freno fu esercitato dal divieto imposto dalla religione ebraica al contemporaneo consumo di carni e di latte ed essendo di caglio animale questo divieto colpì anche il formaggio; ciononostante il vincolo venne superato facendo cagliare il latte con il succo di fichi, anziché con gli enzimi di origine animale.
I Greci chiamarono in causa Amaltèa, la mitica nutrice di Giove, padrona di una capra prodigiosa con il cui latte e derivati avrebbe nutrito il dio. Il corno di questa capra sarebbe poi diventato la cosiddetta cornucopia ossia il corno dell'abbondanza, inesausto fornitore di cibarie. Anche Omero si riconduce alla capra "cretese", rammentando i deliziosi formaggi isolani prodotti seguendo una formula segreta dettata dagli Dei. Nella Grecia classica si riconduceva la scoperta del caglio alle ninfe, dalle quali l'avrebbe appresa il mitico Aristeo, che l'avrebbe poi diffusa tra gli uomini. Durante le olimpiadi in Grecia il formaggio fu la principale fonte di energia degli atleti, veniva unito in un impasto con olio di oliva, farina, frutta e miele.
I Romani perfezionarono le tecniche casearie dei greci quando introdussero l'uso del latte vaccino fino ad allora poco utilizzato; la razione giornaliera di "pecorino" dei legionari romani, secondo Virgilio, fonte più che attendibile, era di 27 grammi. Il latte caprino ed ovino lasciato in canestri coagulava spontaneamente oppure la coagulazione veniva accelerata mescolando continuamente con rametti di fico o aggiungendovi direttamente succo di fico o semi di cardo selvatico. Separando così la parte più densa, che si rapprendeva e acquistava una certa consistenza, dando così origine ai primi formaggi denominati anche “Giuncate” perché prodotti in contenitori di giunco o canestri. I romani sperimentarono oltre al cardo e al fico lo zafferano e l’aceto per cagliare il formaggio e questa mistura veniva chiamata coagulum. Nel I sec. D.C. i Romani per accelerare la stagionatura dei formaggi li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).
Nel III sec. D.C. l’imperatore Diocleziano ordinò che il formaggio fresco fosse venduto avvolto in foglie e che quello stagionato fosse salato sulla superficie.
L'odierno vocabolo "formaggio" è una derivazione della parola "formos"; con questa parola gli antichi greci solevano indicare il paniere di vimini nel quale era d'uso riporre il latte cagliato, per dargli evidentemente forma. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani che, a sua volta, si trasformò, nell'antico francese, in "formage" per arrivare infine ad assumere le moderne versioni dell'italiano "formaggio" e del francese "fromage.
Un racconto popolare piemontese, la cui origine si perde nella notte dei tempi, sostiene che Annibale, scendendo dalle Alpi alla conquista di Roma, si trattenne in Taurinia per merito delle "tome". Nelle leggende, si sa, c'è sempre un fondo di verità. Annibale sicuramente passò dal Piemonte durante la seconda guerra punica. Il 23 settembre del 218 a.C. è la prima data storicamente certa in cui si menziona Torino. Annibale, dopo aver circondato la città, vinse i Taurini al terzo giorno di assedio mettendo a ferro e fuoco il tessuto urbano. Si pensa che per le migliaia di Cartaginesi e i loro alleati essendo affamati e certamente non abituati a tradizioni alimentari così legate al latte, le "tome" piemontesi siano state una sorpresa tanto insperata quanto gradita. Preso come apologo, il racconto di Annibale e delle "tome" rappresenta un'ulteriore conferma dell'antichità della tradizione casearia piemontese.
Il passaggio dei cartaginesi avvenne più di duemila anni or sono, ma è certo che per risalire all'epoca in cui si iniziò a produrre formaggi in Piemonte si dovrebbe fare un ulteriore salto indietro di alcune altre migliaia di anni, quando le migrazioni delle tribù indoeuropee diffusero presso le popolazioni locali l'allevamento dei bovini e la lavorazione del loro latte. I graffiti risalenti al neolitico (tra il 5000 e il 2000 a. C.) rinvenuti sul Monte Bego ( Alpi Marittime ) testimoniano che già in quell'epoca era praticato l'allevamento dei bovini e assai diffusa la produzione di formaggi.
Tra i diversi tipi di formaggio ve ne sono alcuni risalenti a secoli e secoli fa altri di origine recente. L'evoluzione costante della tecnica di preparazione, lavorazione e stagionatura dei formaggi non deve far pensare a mutamenti rivoluzionari avvenuti nel corso dei secoli. Infatti i principi basilari per ottenere il formaggio sono rimasti gli stessi; le modifiche avvenute nel tempo sono dovute principalmente alla fantasia e ai gusti differenti dei produttori e dei consumatori delle varie epoche storiche.
In Europa , tranne che per alcune eccezioni, i formaggi che oggi noi conosciamo ebbero origine dal XIV al XVI secolo. Custodi e precursori delle attuali tecniche casearie furono senz’altro i monaci.
D’altro canto è anche vero che mentre gli scritti dei monasteri sono giunti sino a noi, di quello che era la sapienza popolare non ne è rimasta traccia scritta ma solo la tradizione orale difficilmente databile e verificabile.
Sul formaggio i popoli nomadi fondarono la loro economia, inoltre il formaggio era molto importante nell’Asia Centrale nelle steppe, nella Mesopotamia, nell’Anatolia, e nel Medio oriente, paesi in cui la società era basata sull’agricoltura e sull’allevamento. Dai 10000 ai 18000 anni fa i pastori hanno inventato il formaggio in Mesopatamia, nella valle compresa fra il Tigri e l'Eufrate, e nell'Indus. Il documento più antico che testimonia con particolare precisione le fasi di lavorazione del latte si può ammirare nel bassorilievo di civiltà Sumera denominato “Fregio della latteria”, che risale al III millennio A.C., dove sono rappresentati i sacerdoti (esperti caseari dell'epoca) nei diversi momenti applicativi della tecnica casearia.
Nel 7000 A.C. in Asia le popolazioni cominciarono ad addomesticare gli animali e le tribu’ che migrarono in Europa portarono i loro usi e il loro bestiame. Con la pastorizia appare logico pensare che le risorse principali dell'uomo fossero quelle derivanti dalla produzione di carne e latte. Il latte eccedente al fabbisogno familiare veniva destinato alla produzione di bevande lattiche acidificate, il cui scopo era quello di poter conservare il più possibile un prodotto facilmente deteriorabile, questa tecnica delle bevande ha probabilmente preceduto l'arte di fabbricare i formaggi. Con la produzione di bevande a base di latte acidificato inizia la storia della caseificazione e la produzione dei formaggi a pasta fresca e molle. I primi derivati del latte, che ebbero diffusione in tutto l'Oriente, furono le bevande acide come il Komos e il Kumis citate da Erodoto e Senofonte.
Si pensa che i tartari, i tibetani e i persiani conobbero il formaggio ancora prima dei babilonesi e degli ebrei ma non ci sono prove che lo documentino. In Asia nel vecchio Iran nel 8000 A.C. addomesticarono per primi le pecore e le capre. Sono stati trovati dei documenti che provano che nel 7000 A.C. nel medio oriente l’allevamento era già fiorente. E’ stato stabilito, inoltre, che fra il 6100 e il 5800 A.C. nell’epoca neolitica nell’Anatolia e nella Macedonia si inizio’ ad addomesticare e ad allevare i bovini. Nel 3000 A.C. allevarono i bufali. Nel 5000 A.C. in Italia, nel sud della Francia, e nel nord Africa iniziarono l’allevamento di pecore e capre. Gli abitanti dei balcani della valle di Tuna per primi portarono in Europa le mucche nel 4000 A.C. Scavi archeologici fatti in Italia e Francia hanno permesso di dire che già nel 2800 A.C. in questi paesi veniva fatto un formaggio molle primitivo. In babilonia il formaggio era riservato alle persone ricche. Nella bibbia il formaggio è tenuto in grande considerazione. Nel secondo libro di Samuele 17,29 è riportato :’Latte acido, formaggi di pecora e di vacca per Davide e per la sua gente perché si sfamassero’. Gli ebrei quando si spostavano mettevano il latte in otri fatti con lo stomaco delle pecore, e durante il viaggio il latte sbattendo si separava, a questo punto lo scolavano, per farlo asciugare al sole e poi lo mettevano con il sale in vasi di terracotta pronto per il consumo o la conservazione. In India sia per il clima caldo umido sia perché le vacche erano già considerate sacre il formaggio non ebbe a svilupparsi.
In Palestina il freno fu esercitato dal divieto imposto dalla religione ebraica al contemporaneo consumo di carni e di latte ed essendo di caglio animale questo divieto colpì anche il formaggio; ciononostante il vincolo venne superato facendo cagliare il latte con il succo di fichi, anziché con gli enzimi di origine animale.
I Greci chiamarono in causa Amaltèa, la mitica nutrice di Giove, padrona di una capra prodigiosa con il cui latte e derivati avrebbe nutrito il dio. Il corno di questa capra sarebbe poi diventato la cosiddetta cornucopia ossia il corno dell'abbondanza, inesausto fornitore di cibarie. Anche Omero si riconduce alla capra "cretese", rammentando i deliziosi formaggi isolani prodotti seguendo una formula segreta dettata dagli Dei. Nella Grecia classica si riconduceva la scoperta del caglio alle ninfe, dalle quali l'avrebbe appresa il mitico Aristeo, che l'avrebbe poi diffusa tra gli uomini. Durante le olimpiadi in Grecia il formaggio fu la principale fonte di energia degli atleti, veniva unito in un impasto con olio di oliva, farina, frutta e miele.
I Romani perfezionarono le tecniche casearie dei greci quando introdussero l'uso del latte vaccino fino ad allora poco utilizzato; la razione giornaliera di "pecorino" dei legionari romani, secondo Virgilio, fonte più che attendibile, era di 27 grammi. Il latte caprino ed ovino lasciato in canestri coagulava spontaneamente oppure la coagulazione veniva accelerata mescolando continuamente con rametti di fico o aggiungendovi direttamente succo di fico o semi di cardo selvatico. Separando così la parte più densa, che si rapprendeva e acquistava una certa consistenza, dando così origine ai primi formaggi denominati anche “Giuncate” perché prodotti in contenitori di giunco o canestri. I romani sperimentarono oltre al cardo e al fico lo zafferano e l’aceto per cagliare il formaggio e questa mistura veniva chiamata coagulum. Nel I sec. D.C. i Romani per accelerare la stagionatura dei formaggi li misero sotto pressione con dei pesi forati (pressatura).
Nel III sec. D.C. l’imperatore Diocleziano ordinò che il formaggio fresco fosse venduto avvolto in foglie e che quello stagionato fosse salato sulla superficie.
L'odierno vocabolo "formaggio" è una derivazione della parola "formos"; con questa parola gli antichi greci solevano indicare il paniere di vimini nel quale era d'uso riporre il latte cagliato, per dargli evidentemente forma. Il "formos" greco divenne poi la "forma" dei romani che, a sua volta, si trasformò, nell'antico francese, in "formage" per arrivare infine ad assumere le moderne versioni dell'italiano "formaggio" e del francese "fromage.
Un racconto popolare piemontese, la cui origine si perde nella notte dei tempi, sostiene che Annibale, scendendo dalle Alpi alla conquista di Roma, si trattenne in Taurinia per merito delle "tome". Nelle leggende, si sa, c'è sempre un fondo di verità. Annibale sicuramente passò dal Piemonte durante la seconda guerra punica. Il 23 settembre del 218 a.C. è la prima data storicamente certa in cui si menziona Torino. Annibale, dopo aver circondato la città, vinse i Taurini al terzo giorno di assedio mettendo a ferro e fuoco il tessuto urbano. Si pensa che per le migliaia di Cartaginesi e i loro alleati essendo affamati e certamente non abituati a tradizioni alimentari così legate al latte, le "tome" piemontesi siano state una sorpresa tanto insperata quanto gradita. Preso come apologo, il racconto di Annibale e delle "tome" rappresenta un'ulteriore conferma dell'antichità della tradizione casearia piemontese.
Il passaggio dei cartaginesi avvenne più di duemila anni or sono, ma è certo che per risalire all'epoca in cui si iniziò a produrre formaggi in Piemonte si dovrebbe fare un ulteriore salto indietro di alcune altre migliaia di anni, quando le migrazioni delle tribù indoeuropee diffusero presso le popolazioni locali l'allevamento dei bovini e la lavorazione del loro latte. I graffiti risalenti al neolitico (tra il 5000 e il 2000 a. C.) rinvenuti sul Monte Bego ( Alpi Marittime ) testimoniano che già in quell'epoca era praticato l'allevamento dei bovini e assai diffusa la produzione di formaggi.
Tra i diversi tipi di formaggio ve ne sono alcuni risalenti a secoli e secoli fa altri di origine recente. L'evoluzione costante della tecnica di preparazione, lavorazione e stagionatura dei formaggi non deve far pensare a mutamenti rivoluzionari avvenuti nel corso dei secoli. Infatti i principi basilari per ottenere il formaggio sono rimasti gli stessi; le modifiche avvenute nel tempo sono dovute principalmente alla fantasia e ai gusti differenti dei produttori e dei consumatori delle varie epoche storiche.
In Europa , tranne che per alcune eccezioni, i formaggi che oggi noi conosciamo ebbero origine dal XIV al XVI secolo. Custodi e precursori delle attuali tecniche casearie furono senz’altro i monaci.
D’altro canto è anche vero che mentre gli scritti dei monasteri sono giunti sino a noi, di quello che era la sapienza popolare non ne è rimasta traccia scritta ma solo la tradizione orale difficilmente databile e verificabile.
Pasta noci e pancetta
Ultimamente è un piatto che mi faccio spesso quando sono a casa da solo, semplice e veloce.
INGREDIENTI x 1pers
1 vaschetta di pancetta tagliata a fiammifero (a cubetti non entrerebbe nel maccherone)
3/4 noci grosse
1 cucchiaio di panna
Olio
Far soffriggere la pancetta con l'olio
Pestare le noci con il mortaio (devono essere polverizzate)
Quando scolate la pasta conditela con la pancetta e le noci e versate il cucchiaio di panna (non esagerate con la panna, perchè deve servire unicamente da collante per le noci altrimenti vi coprirà gli altri sapori).
Se proprio volete, un pizzico di pepe nero per renderla più viva, ma è buona anche senza.
:-))
INGREDIENTI x 1pers
1 vaschetta di pancetta tagliata a fiammifero (a cubetti non entrerebbe nel maccherone)
3/4 noci grosse
1 cucchiaio di panna
Olio
Far soffriggere la pancetta con l'olio
Pestare le noci con il mortaio (devono essere polverizzate)
Quando scolate la pasta conditela con la pancetta e le noci e versate il cucchiaio di panna (non esagerate con la panna, perchè deve servire unicamente da collante per le noci altrimenti vi coprirà gli altri sapori).
Se proprio volete, un pizzico di pepe nero per renderla più viva, ma è buona anche senza.
:-))
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